Quando si pensa a Roma è impossibile non visualizzare davanti ai propri occhi l’immagine del maestoso cilindro di Castel Sant’Angelo, ma non tutti sanno che cosa nasconda al suo interno questa antichissima e meravigliosa fortezza!
Se sei curioso di sapere che cosa si possa vedere all’interno delle mura del Mausoleo di Adriano, questo articolo è proprio quello che cerchi.
Ci inoltreremo insieme dentro il castello, in una visita virtuale ma non per questo meno puntuale dei suoi ambienti antichissimi e di quelli più moderni.
Alla descrizione delle sale, dei cortili e delle opere d’arte affiancherò cenni storici e curiosità, garantendoti un’esperienza completa e fornendoti tutti gli strumenti per prepararti a visitare il meraviglioso Castel Sant’Angelo.
Sei pronto a seguirmi in questo lungo tour virtuale? Molto bene, iniziamo!
UN MOMENTO! Prima di iniziare la nostra passeggiata, voglio darti un consiglio: tieni a mente che, data la celebrità di questo splendido edificio, per visitare gli interni di Castel Sant’Angelo ti imbatterai quasi certamente in una lunga coda in biglietteria. Per entrare all’interno del castello saltando la fila, ti consiglio vivamente di acquistare il tuo biglietto d’ingresso online. Clicca qui sotto per prenotare il tuo ingresso ed entrare al Castel Sant’Angelo in un istante.
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Cosa c’è all’interno di Castel Sant’Angelo
Indice dei contenuti
All’interno delle sue mura la vecchia Mole Adriana custodisce una quantità incredibile di stanze, storie e segreti da scoprire. Per nostra fortuna, buona parte dei suoi interni è oggi visitabile acquistando un biglietto d’ingresso al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
Per tua comodità, ho deciso di suddividere gli ambienti seguendo la classificazione del museo, così che tu possa sfruttare questo mio articolo come guida durante la tua visita al castello.
Livello 1: l’Ambulacro di Bonifacio IX, la Cappella dei Condannati, il Cortile delle Fucilazioni, Dromos e Atrium, la Rampa elicoidale
L’Ambulacro di Bonifacio IX
Questo è il primo ambiente nel quale ti troverai una volta varcato il portone d’ingresso: un corridoio anulare tra la cinta e il castello, ricavato a fine XIV secolo dai lavori di isolamento del cilindro centrale.
Commissionati da Bonifacio IX all’architetto fiorentino Niccolò di Piero Lamberti, i lavori fecero riemergere i muri originari di epoca romana del basamento della Mole Adriana. Parti della muratura e della pavimentazione originaria sopravvivono ancora in prossimità dell’ingresso principale e del portale d’accesso secondario.
Il basamento del cilindro, con la sua muratura grezza, mostra nelle sue cavità la traccia degli antichi marmi di copertura, asportanti nei saccheggi ad opera del popolo romano nel corso del XIV secolo.
Nel corridoio anulare sono ancora presenti frammenti di statue e di antichi elementi architettonici.
Da qui è possibile accedere a più ambienti: la Cordonata di Paolo III, la rampa per il Bastione San Marco, l’Armeria di Clemente X e soprattutto l’antico accesso al castello e il suo vestibolo: il Dromos e l’Atrium.
La Cappella dei Condannati
Al piano terra dell’edificio dell’Armeria di Clemente X, affacciata sul Cortile delle Fucilazioni, troverai la Cappella dei Condannati.
Originariamente magazzino di polveri, questo ambiente venne più volte riorganizzato e solo nella seconda metà del Settecento divenne un luogo di preghiera.
Nei primi anni del Novecento, la cappella venne dotata anche di una sagrestia.
Salvo eventi straordinari, questo ambiente non è normalmente aperto al pubblico.
Il Cortile delle Fucilazioni
Nell’angolo nord-est delle mura, delimitato dal porticato della Cappella dei Condannati, troverai il Cortile delle Fucilazioni.
Solo nell’età moderna l’ambiente guadagna la sua attuale denominazione: l’ipotesi è infatti che in questo luogo venissero eseguite le pene capitali che non intendevano essere rese pubbliche.
La vera del pozzo, così come le due panchine oggi presenti nell’ambiente, sono emerse da scavi effettuati in quest’area nei primi anni del Novecento.
Dromos e Atrium
Il Dromos, un alto corridoio voltato di dodici metri, posto in asse con il Ponte Sant’Angelo, rappresenta l’antico ingresso al sepolcro imperiale.
Realizzato con grandi blocchi di travertino (in origine rivestiti di lastre marmoree), questo corridoio porta a una cella quadrata: l’Atrium, a tutti gli effetti l’accesso al Mausoleo di Adriano.
In fondo a questo ambiente, una nicchia ospitava un tempo una statua dell’imperatore Adriano.
Da qui parte la Rampa elicoidale che porta alla Sala delle Urne.
La Rampa elicoidale
Questa è la rampa a spirale che, dall’Atrium, nella conformazione originaria della Mole Adriana raggiungeva direttamente la Sala delle Urne.
Un corridoio alto sei metri e largo tre, in origine decorato come il Dromos e l’Atrium, ma con pareti in mattoni e una pavimentazione a mosaico di cui, oggi, sopravvivono poche tracce.
La rampa non presenta aperture verso l’esterno, ma solo verso l’alto, attraverso quattro sfiatatoi utili anche al trasporto dei materiali.
Interrata per motivi difensivi, nella prima metà dell’Ottocento la rampa venne riaperta, ristabilendo il collegamento originario tra i diversi livelli del mausoleo.
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Livello 2: la Cordonata di Paolo III, la Marcia ronda, il Bastione San Matteo, il Bastione San Marco, il Passetto di Borgo, il Bastione San Luca, il Bastione San Giovanni, la Rampa diametrale, la Sala delle Urne e l’Armeria di Clemente X
La Cordonata di Paolo III
La Cordonata di Paolo III collega l’area del portone d’ingresso alla Marcia ronda, e quindi al ponte di ferro attraverso il quale si accede all’interno del mausoleo.
Fu realizzata nel 1545, in sostituzione del collegamento precedentemente edificato dal fiorentino Niccolò di Piero Lamberti su commissione di Bonifacio IX. La costruzione di un simile collegamento rientrava in un piano di potenziamento della struttura difensiva che prevedeva anche lo sbarramento della Rampa elicoidale come accesso al castello.
Il nuovo ingresso fu garantito attraverso un avancorpo costruito sopra l’antica entrata e dotato di ponte levatoio.
Due nicchie lungo la scalinata ospitano il busto dell’imperatore Adriano e di un togato, databili intorno a metà del II secolo.
Ai piedi della Cordonata è invece posta una palla di marmo sorretta da un pilatro sulla quale, in origine, erano impresse le lettere C.T.P., iniziali di Crispo Tiberio Prefetto che fu castellano durante il pontificato di Paolo III.
La Marcia ronda
La Marcia ronda è il camminamento sulla sommità delle mura esterne, ovvero sul perimetro dell’originario basamento della Mole Adriana, e venne utilizzato nei secoli come percorso di guardia dalle sentinelle del castello.
Il camminamento collega tutti e quattro i bastioni e ha numerosi punti di accesso, tra cui la Cordonata di Paolo III.
Laddove si collega al Bastione San Marco, il camminamento porta al passaggio protetto verso il Vaticano detto Passetto di Borgo.
Il Bastione San Matteo
I quattro bastioni, collocati agli angoli del vecchio basamento della Mole Adriana, vennero costruiti tra il XV e il XVI secolo.
Più precisamente, la costruzione venne avviata sotto il pontificato di Niccolò V intorno al 1450 per adeguare la struttura difensiva alle nuove armi da fuoco.
In quella fase furono però realizzati solo tre bastioni, lasciando sguarnita proprio l’area dove ora sorge il Bastione San Matteo.
Fu grazie al progetto del fiorentino Santo di Giovanni che, su impulso di Alessandro VI Borgia, il bastione venne edificato cinquant’anni più tardi.
Sotto Pio IV Medici, poco oltre la metà del XVI secolo, il coronamento del bastione venne elevato all’altezza della Marcia ronda.
Urbano VIII Barberini, nel 1625, ordinò un altro potenziamento del bastione che occultò le fasi architettoniche precedenti.
Il Bastione San Marco
Edificato sotto il pontificato di Niccolò V, il torrione originale venne inglobato al tempo di Alessandro VI Borgia in un muro contenente all’interno delle cannoniere.
Guadagnò l’assetto attuale sotto Pio IV Medici: su suo impulso il livello del Bastione venne elevato al punto di occultare al proprio interno la torre originale, e venne costruita una rampa elicoidale di collegamento alla Marcia ronda.
All’interno vennero aperte sedici celle adibite a cannoniere. A ridosso del bastione venne costruito un edificio che divenne caserma, dormitorio e deposito di armi, e che ora ospita parte degli uffici e la biblioteca del museo.
Sotto Urbano VIII Barberini il bastione venne adeguato all’uso dell’artiglieria pesante. Anche in questo caso, l’intervento finì per occultare le fasi architettoniche precedenti.
Il Bastione è ancora oggi collegato al Passetto di Borgo.
Il Passetto di Borgo
Anche chiamato Corridoio di Borgo, il Passetto di Borgo è il passaggio protetto che collega il Bastione San Marco al Palazzo Apostolico Vaticano.
Un corridoio sopraelevato di ottocento metri che rappresenta il più lungo tratto rimasto delle antiche Mura Leonine, fatte erigere da papa Leone IV verso la metà del IX secolo con lo scopo di difendere la Civitas Leonina dal pericolo delle invasioni saracene.
Il corridoio venne dotato di un passaggio coperto in occasione del restauro delle Mura Vaticane. Lo scopo era quello di garantire una via di fuga ai papi, nonché di creare un collegamento protetto tra il Vaticano e la Mole Adriana, già fortezza utilizzata a fini difensivi.
A chi spetti la paternità di questo miglioramento, però, è ancora oggi un tema discusso dagli esperti. Per alcuni appartiene a Niccolò III e alla ristrutturazione da lui ordinata nel 1278, per altri a Bonifacio IX che, più di un secolo dopo, avrebbe iniziato i lavori terminati da Baldassarre Cossa, l’antipapa Giovanni XXIII.
A metà del XV secolo fu il turno di Niccolò V, cui seguirono, trent’anni dopo, i lavori di Sisto IV. All’inizio del XVI secolo sarà invece papa Alessandro VI a volere una ristrutturazione massiccia delle mura.
Non stupisce, insomma, che i pontefici contassero così tanto su questo passaggio strategico per condurre di nascosto i detenuti alle prigioni di Castel Sant’Angelo, oltre che per rifugiarvisi in caso di assedio.
Questo, storicamente, avviene in almeno due casi: l’invasione delle milizie francesi di Carlo VIII nel 1494, che vedono il pontefice Alessandro VI Borgia mettersi in salvo grazie al Passetto, e il celebre Sacco di Roma perpetrato dai lanzichenecchi di Carlo V nel 1527, quando papa Clemente VII si rifugiò a Castel Sant’Angelo mentre buona parte delle guardie svizzere veniva massacrata.
Sulle mura sono ancora oggi visibili i segni lasciati dai colpi di archibugio dei mercenari tedeschi!
Nell’anno 2000, in occasione del Giubileo indetto da papa Giovanni Paolo II, il Passetto di Borgo tornò accessibile al pubblico insieme ad altre importanti opere architettoniche.
Oggi, tuttavia, è percorribile solo in occasione di speciali visite guidate.
Il Bastione San Luca
Anch’esso costruito su impulso del pontefice Niccolò V, il torrione venne poi adeguato all’uso delle armi da fuoco sotto il pontificato di Alessandro VI Borgia.
L’innalzamento fino al cammino di ronda, ordinato da Pio IV Medici, non ne alterò la struttura.
Venne irrobustito, dopo il 1625, su ordine di Urbano VIII Barberini. La ristrutturazione, ad opera di Giulio Buratti e Vincenzo Maculano da Fiorenzuola, come negli altri casi occultò le precedenti fasi architettoniche.
Il Bastione San Giovanni
Costruito sotto il pontificato di Niccolò V come torrione angolare, fu potenziato su impulso di Alessandro VI Borgia nel 1495.
Avvolto da muri perimetrali, contenenti al proprio interno le cannoniere, il bastione divenne così un baluardo poligonale.
Verso la fine del XIX secolo venne quasi interamente ricostruito sotto il Generale Mariano Borgatti per ospitare parte del Museo del Genio Militare.
A testimoniare il primo allestimento museale di Castel Sant’Angelo, possiamo trovare ancora oggi, nella torretta, una ricostruzione di un’officina di armaiolo cinquecentesca.
La Rampa diametrale
Attribuita per lungo tempo al pontificato di Alessandro VI Borgia, la costruzione di questa rampa che taglia diametralmente il cilindro romano avvenne in realtà un secolo prima: fu Niccolò Lamberti, infatti, a realizzarla per Bonifacio IX.
Con questa nuova rampa fu garantito un accesso più protetto del precedente. Una volta interrata la Rampa elicoidale, questo rimase a lungo l’unico varco d’accesso al cilindro del mausoleo.
Nel punto d’incontro tra le due rampe è ancora oggi visibile una botola, arma di difesa per chi fosse riuscito a penetrare all’interno delle mura del castello, mentre negli stipiti della porta romana di accesso alla Sala delle Urne vennero ricavate due bocche di fuoco.
La cella sepolcrale è attraversabile grazie a un ponte sopraelevato realizzato nel 1825 da Giuseppe Valadier.
Proseguendo, la rampa assume le sembianze di una cordonata cinquecentesca e sale fino al Cortile dell’Angelo.
La Sala delle Urne
È l’ambiente più sacro del mausoleo originale. A pianta quadrata, circa otto metri per lato, la sala custodì le spoglie della famiglia imperiale fino all’epoca di Caracalla.
Costruita con blocchi di travertino, originariamente decorata in marmo, la sala presenta due grandi nicchie sulle pareti laterali, laddove è probabile che fossero conservate le urne cinerarie.
Sulla parete sinistra vi è una lapide marmorea recante una solenne iscrizione in latino.
Sono le parole che l’imperatore Adriano dedicò alla sua stessa anima:
Piccola anima smarrita e soave,
Imperatore Adriano
compagna e ospite del corpo,
ora t’appresti a scendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti…
L’Armeria di Clemente X
Addossato al Bastione San Luca, l’edificio mostra ancora una targa in marmo a ricordo dei lavori intrapresi da Clemente X nel 1675, quando venne riorganizzato per ospitare le prigioni al piano intermedio.
Il piano superiore mantenne la sua funzione di armeria, mentre l’antico deposito di polveri del pianterreno, a metà del Settecento, divenne un luogo di culto: la Cappella dei Condannati.
Nei primi anni del Novecento l’ultimo piano venne ricostruito. Le vecchie porte monumentali, ora ricomposte, sono visibili nelle Sale di Clemente VIII.
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Livello 3: le Prigioni storiche e le Oliare
Le Prigioni storiche
Celebri per aver “ospitato” (e talvolta visto morire) molti personaggi illustri, le prigioni storiche sono accessibili dal Cortile di Alessandro VI, anche noto come Cortile del Teatro.
Come altre aree del castello, tuttavia, le carceri non sono sempre aperte al pubblico, ma in occasione di aperture straordinarie è possibile visitarle.
Da una porticina sul cortile si accede a una scala che porta a un ampio ambiente rettangolare, detto “il Parlatoio”, dove i prigionieri dello Stato Pontificio venivano interrogati, molto spesso attraverso la tortura. Alcuni strumenti sono ancora conservati in apposite teche, mentre delle illustrazioni ci mostrano le tecniche di tortura dei detenuti messe in atto dai loro aguzzini.
Oltrepassato questo locale si accede a un buio e stretto corridoio semicircolare sul quale si aprono tre anguste celle. Lì, una fioca luce penetra dalle strette inferriate che danno sul cortile.
Sul pavimento delle stesse, protetti da grate, possiamo vedere alcuni scavi che hanno fatto riaffiorare le antiche mura romane.
A seguire, un piccolo passaggio conduce alle due ultime carceri, anch’esse illuminate solo da minuscole aperture sul cortile.
L’ultima di queste è celebre per aver “ospitato” per quasi un anno l’artista fiorentino Benvenuto Cellini. Il piccolo vano che, salendo, incontriamo alla nostra destra, è proprio la latrina esterna dalla quale, secondo il celebre racconto, l’artista sarebbe riuscito a evadere.
A sinistra, invece, si scende nelle Oliare, la sala in cui veniva conservato l’olio in apposite giare di terracotta.
Dalle prigioni si scorge anche il finestrone della Sala della Giustizia, luogo in cui venivano lette le sentenze di morte ai detenuti di Castel Sant’Angelo.
Per maggiori informazioni, leggi il mio articolo sulle Prigioni di Castel Sant’Angelo.
Le Oliare
Le Oliare, di probabili origini medievali, furono certamente ristrutturate sotto il pontificato di Alessandro VI Borgia nei primi anni del Cinquecento.
Si tratta di una serie di vani posti al di sotto del Cortile di Alessandro VI e addossati alla curva del cilindro originario.
Da un lato troviamo due locali di grandi dimensioni contenenti ottantatré giare in terracotta.
Le giare, in origine, servivano a conservare l’olio, utilissimo sia per illuminare gli ambienti, sia per l’uso alimentare e per quello militare.
Al centro di ciascun vano troviamo tre aperture che corrispondono ad altrettanti tombini nel cortile. Questi tombini, realizzati in travertino e dotati di anelli per l’apertura, venivano infatti sfruttati per versare l’olio direttamente dall’alto.
Dall’altro lato troviamo invece cinque fosse circolari, scavate all’interno del tamburo originario della Mole Adriana, che un tempo fungevano da silos per il grano. A ciascuna fossa, anche in questo caso, corrisponde un’apertura posta sul pavimento di una stanzetta superiore.
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Livello 4: il Cortile dell’Angelo, le Armerie, le Sale di Clemente VIII, la Sala della Giustizia, la Sala di Apollo, la Cappella di Leone X, le Sale di Clemente VII, il Cortiletto di Leone X, il Bagnetto di Clemente VII, il Cortile di Alessandro VI e le Salette di Alessandro VI
Il Cortile dell’Angelo
Anche detta Cortile d’Onore, questa corte assume la sua attuale forma nella prima metà del XVI secolo, tra il pontificato di Leone X Medici e quello di Paolo III Farnese.
È inizialmente concepito come spazio di rappresentanza e, soprattutto, di acceso ai favolosi appartamenti papali.
Il cortile, a pianta rettangolare, è chiuso da un lato dalle Armerie, e dall’altro dalle vecchie mura della Mole Adriana, cui sono addossate le fastose sale della residenza pontificia.
La facciata d’ingresso è impreziosita da un doppio fornice con nicchia centrale, commissionato da Paolo III Farnese a Raffaello da Montelupo.
Il secondo fornice inquadra un’altra rampa di scale che sale al camminamento di ronda.
Il lato di fronte all’ingresso, invece, è arricchito dall’Edicola della Cappella di Leone X, realizzata a inizio XVI secolo su disegno di Michelangelo Buonarroti.
Entrambi i prospetti presentano una nicchia ospitante un busto virile, opera di Guglielmo della Porta a metà del XVI secolo.
L’elemento che dà il nome al cortile lo troviamo al centro: si tratta infatti della statua di San Michele Arcangelo realizzata nel 1544 da Raffaello da Montelupo.
Tra le tante sculture poste sulla sommità di Castel Sant’Angelo, oltre a quella attuale, questa è l’unica pervenuta fino ai giorni nostri.
L’Arcangelo Michele, realizzato in marmo, è raffigurato con una lunga veste nell’atto di rinfoderare la spada. La corazza è sorretta da spallacci che mostrano il Giglio Farnese.
Le dimensioni del capo, che risulta sproporzionato rispetto al resto del corpo, sono giustificate dalla collocazione originaria che prevedeva una visione dal basso verso l’altro.
Le ali, in metallo originariamente dorato, sono forate per diminuire la forza d’attrito del vento.
Una volta sostituita, dopo oltre duecento anni passati sulla sommità del castello, la scultura venne trasportata in una nicchia della scalinata di Paolo III e poi, in un secondo momento, nella collocazione attuale, ovvero in questo cortile che, nel 1910, ne prende il nome.
In basso, dietro la statua di San Michele Arcangelo, una grande finestra a bocca di lupo fornisce luce al sottostante sepolcro imperiale, mentre sopra di essa si eleva il complesso degli appartamenti papali.
Per maggiori informazioni, leggi il mio articolo sul Cortile dell’Angelo.
Le Armerie
Le Armerie sono una costruzione, su due livelli, posta su un lato del Cortile dell’Angelo.
Al livello del cortile prende il nome di Armeria Inferiore, mentre l’Armeria Superiore si trova al livello del Giretto di Alessandro VII.
Costruite probabilmente nel Cinquecento, sono state più volte ristrutturate, tanto da rendere difficile immaginare quale fosse il loro assetto originario.
L’interno è composto da vani comunicanti ormai spogli, fatta eccezione per un emblema farnesiano – il Festina Lente – e alcuni elementi architettonici quali il camino e il soffitto ligneo della cucina.
Il nome è dovuto alla funzione di servizio che l’edificio svolgeva per le truppe a guardia della parte alta di Castel Sant’Angelo.
Le Sale di Clemente VIII
Le Sale di Clemente VIII sono due ambienti comunicanti cui si accede dal Cortile dell’Angelo.
Queste stanze, più volte ristrutturate, sono ormai interamente spoglie.
Negli ultimi interventi sono state dotate di alcuni elementi architettonici recuperati da altre parti del castello, come il portale di marmo d’accesso alla Sala della Giustizia, il camino monumentale, risalente al pontificato di Urbano VIII Barberini e decorato con i suoi simboli araldici, e i due portali in travertino, provenienti dall’Armeria di Clemente X.
Attualmente, queste due sale ospitano mostre temporanee.
La Sala della Giustizia
Questo ambiente fu ricavato all’interno del nucleo originario romano, così come si evince dalla muratura a blocchi squadrati delle pareti e dallo spessore della struttura muraria.
Il nome Sala della Giustizia è moderno e si lega all’ipotesi che qui venissero svolti i processi e lette le sentenze ai detenuti di Castel Sant’Angelo.
È possibile che, in passato, la stanza fosse usata anche come cappella.
La figura alata affrescata sulla parete di fondo, dipinta da Domenico Rietti – detto Zaga – verso la metà del Cinquecento, è oggi interpretata come la raffigurazione di San Michele Arcangelo recante i simboli della Giustizia.
La Sala di Apollo
Ambiente principale del primo piano degli appartamenti papali, questo grande salone voltato fu costruito sotto il pontificato di Niccolò V.
Gli adiacenti ambienti della cappella, delle Sale di Clemente VII e del Bagnetto di Clemente VII furono aggiunti a partire dal XVI secolo.
La decorazione fu commissionata da Paolo III Farnese a Perin del Vaga e i suoi collaboratori, già attivi ai piani superiori.
Le pareti e la volta mostrano una ricca decorazione a grottesche su fondo bianco.
Sul soffitto sono presenti dieci riquadri che mostrano alcune storie del dio Apollo e danno il nome alla sala.
Nelle lunette sono invece rappresentate le Arti Liberali. Tutti questi elementi richiamano il mito del dio Apollo e il suo ruolo di protettone delle discipline umanistiche.
Come nelle decorazioni di altre sale ordinate da Paolo III, anche qui gli elementi della mitologia pagana si alternano all’araldica papale, testimoniando l’amore del pontefice per la cultura neoplatonica.
Nella sala sono presenti gli emblemi del Giglio di Giustizia e del Festina Lente, entrambi caratteristici della famiglia Farnese.
Il nome del pontefice trova posto sul camino in marmo, realizzato da Raffaello da Montelupo, e nei fregi delle porte.
La Cappella di Leone X
La Cappella di Leone X è l’unica superstite delle tante documentate all’interno di Castel Sant’Angelo.
Come suggerisce il nome, fu fatta edificare da papa Leone X Medici e consacrata ai Santi Cosma e Damiano, patroni della sua casata.
È un ambiente piccolo e, oggi, quasi del tutto spoglio.
Lo stemma pontificio, con le caratteristiche palle medicee, è ancora visibile al centro della volta lunettata.
Anche sul pavimento troviamo tracce del committente: le mattonelle che compongono il tappeto centrale recano al centro la piccola figura di un leone, mentre quelle del bordo mostrano lo stemma mediceo.
L’altare fu realizzato nel XX secolo come elemento di arredo della cappella. Sopra reca un bassorilievo della Madonna in trono con Bambino, ad opera di Raffaello da Montelupo, in origine situato in un’altra parte del castello.
La cappella presenta anche un piccolo ambiente che fungeva da sagrestia.
Attraverso una scala di servizio, da questo ambiente si può arrivare alla rampa diametrale, mentre un’altra scala collega l’ingresso agli appartamenti superiori.
Le Sale di Clemente VII
Queste due sale, che prendono il nome dal pontefice che ne ordinò la decorazione, sono le camere di servizio ad uso privato riservate dai papi.
Il nome di Clemente VII Medici è riscontrabile ancora oggi nell’iscrizione al centro dei soffitti a cassettoni, nonché nei cartigli dipinti nel fregio della prima stanza da Michele di Bartolomeo da Lucca e Matteo Crassetti da Terranova.
Il fregio della seconda sala venne sostituito da Innocenzo X con un dipinto recante gli attributi araldici della famiglia.
I vani, dotati di grandi finestre, erano in origine affrescati con i simboli di casa Medici. Vengono forniti di gradini e sedute su intervento di papa Giulio II Rovere.
I pavimenti in cotto, più volte restaurati, risalgono invece al pontificato di Paolo III Farnese.
Dalla prima camera, una porta consente di accedere al cortiletto di Leone X. Dalla seconda camera, una porta conduce al Bagnetto di Clemente VII, anche detto Stufetta.
Il Cortiletto di Leone X
Anche detto “del forno”, perché da qui si accendevano i fuochi che riscaldavano l’ambiente della Stufetta, questo piccolo cortile fu fatto costruire da Leone X intorno al 1514.
È probabile che, un tempo, il piccolo ambiente ospitasse un giardino all’italiano, analogo a quello che si estendeva nel Cortile di Alessandro VI.
Sul cortile si aprono le due finestre delle Sale di Clemente VII e due porte, sulle quali è visibile l’iscrizione dei nomi dei pontefici Giulio II e Leone X.
Il Bagnetto di Clemente VII
La costruzione di questo ambiente risale al pontificato di Giulio II della Rovere, mentre la decorazione di Giovanni da Udine, allievo di Raffaello, fu commissionata da Clemente VII Medici.
Il vano, dotato di vasca e utilizzato come stanza da bagno, era dotato di un impianto di riscaldamento collegato ad un forno cui si accedeva dal Cortile di Leone X.
I simboli araldici, così come le scene mitologiche legate all’elemento dell’acqua, si stagliano su una superficie rivestita con una ricchissima decorazione a grottesche, fitta di animali marini e sfingi.
Gli stemmi del papa e del castellano Guido de’ Medici si trovano al centro della volta. Intorno, a imitazione degli antichi cammei, abbondano gli ovali con putti.
Venere e Amore sono protagonisti di quattro scene mitologiche a tema acquatico, e la mitologia greca ritorna anche nei sette troni delle principali divinità dell’Olimpo, lasciati appositamente vuoti per creare l’illusione che gli occupanti stessero partecipando al bagno con il pontefice.
I due bocchettoni della vasca, recanti i simboli di un catino e di un braciere, testimoniano che il papa potesse disporre di acqua calda e fredda.
Il Cortile di Alessandro VI
Anche detto “del teatro” in virtù delle rappresentazioni che qui avevano luogo al tempo di Leone X, il cortile ha una forma semicircolare che ricalca quella del cilindro originario della Mole Adriana.
Testimonianze cinquecentesche ci parlano di un ricco giardino, con alberi di alto fusto, che si estendeva nello spazio di questo cortile: lo ritroviamo nel diario del giureconsulto tedesco Johann Fichard, risalente al 1536, in un affresco di Giovan Battista Montano del 1565 e nel racconto autobiografico dell’artista Benvenuto Cellini.
Ancora oggi, sotto il pavimento, è presente una grande cisterna risalente forse all’originale assetto del tumulo. In questa cisterna, l’acqua del Tevere veniva purificata per decantazione. Dal cortile è visibile il pozzo di marmo, decorato con lo stemma Borgia, che attingeva ad essa.
Le altre aperture sul pavimento servivano invece a dare luce all’ambiente delle Prigioni storiche o come accesso superiore alle Oliare.
Le Salette di Alessandro VI
Le Salette di Alessandro VI sono un insieme di piccoli ambienti in serie, tra loro collegati, che si affacciano sul cortile di Alessandro VI.
Originariamente adibite al servizio delle Prigioni storiche, oggi le salette ospitano mostre temporanee e permanenti, oltre ad essere sede del Bookshop del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
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Livello 5: la Loggia di Giulio II, il Giretto e le Salette di Pio IV, la Loggia di Paolo III, il Giretto di Alessandro VII, la Sala Paolina, la Sala di Perseo, la Sala di Amore e Psiche e l’Armeria
La Loggia di Giulio II
La Loggia di Giulio II è l’ambiente voltato di accesso alla Sala Paolina.
Affacciata sul Tevere, la loggia venne realizzata per volere di Giulio II e sotto la supervisione del castellano Marco Vigerio dagli architetti Giuliano da Sangallo e Donato di Angelo di Pascuccio, detto il Bramante.
Il prospetto è composto da un parapetto in marmo e quattro colonne di cui due addossate agli stipiti.
Sull’architrave modanato è visibile dall’esterno l’iscrizione “IVL II PONT MAX ANNO II” sotto lo stemma della Rovere.
I capitelli delle colonne sono decorati con piccole ghiande e fogliette, motivo araldico della famiglia del pontefice.
I pennacchi della volta sono decorati con volute vegetali che si stagliano su un campo chiaro, mentre sulle vele troviamo, tra i motivi decorativi, i girali d’acanto, sovrastati da putti e cariatidi.
Residui degli stessi motivi sopravvivono anche sulle lunette delle pareti. Sulla volta sono inoltre dipinti quattro cartigli recanti altrettanti motti latini che alludono alla funzione di questa loggia delle benedizioni.
Recentemente i dipinti sono stati attribuiti a Michele del Becca da Imola e Pier Matteo d’Amelia.
Il Giretto e le Salette di Pio IV
Sul corridoio si aprono delle piccole porte d’accesso al livello superiore dell’edificio delle Salette di Alessandro VI. In origine al servizio dell’artiglieria, questi piccoli ambienti comunicanti vennero poi adibiti a prigioni di riguardo.
Dalla seconda delle stanzette si accedeva al piccolo locale utilizzato per il riscaldamento del Bagnetto di Clemente VII.
Le salette, al momento, aprono al pubblico solo in occasione di mostre temporanee.
Il corridoio, invece, è sede di parte della galleria archeologica del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
Attraverso le arcate in muratura, è possibile godere della vista sull’esterno del castello.
La Loggia di Paolo III
Ultimato nel 1543, questo ambiente monumentale rappresentava l’ingresso agli appartamenti del pontefice Paolo III.
La Loggia è formata da cinque arcate sorrette da pilastri, decorate esternamente da un fregio a rilievo recante dei gigli, motivo della famiglia Farnese.
All’interno, la grande volta a botte è decorata dagli affreschi di Giorolamo Siciolante da Sermoneta.
Le sei vele sono decorate a grottesche su fondo chiaro, mentre i pennacchi riportano scene di vita dell’imperatore Adriano.
Le due lunette sulla parete interna racchiudono invece le raffigurazioni della Mole Adriana e della Villa Adriana.
Al centro della volta, incorniciato a stucco, troviamo ormai solo un residuo dello stemma del pontefice.
Il Giretto di Alessandro VII
Tra la Loggia di Giulio II e quella di Paolo III troviamo il Giretto di Alessandro VII. Anche detto Giretto scoperto, questo corridoio anulare è accessibile dalla scalinata che sale dal Cortile dell’Angelo.
Voluto da Alessandro VII Chigi a metà del Seicento, il Giretto fu edificato su un davanzale già esistente, cui venne aggiunta l’attuale struttura muraria ad archi.
Il corridoio affaccia esternamente verso ovest; attraverso di esso è possibile accedere alle sale dell’Armeria superiore e alla caffetteria del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
La Sala Paolina
La Sala Paolina era il salone di rappresentanza del pontefice Paolo III Farnese, di cui ancora oggi porta il nome. Qui furono ospitati imperatori, re, ambasciatori e consoli da tutto il mondo.
Il complesso decorativo della stanza rappresenta uno dei più grandi episodi artistici del Cinquecento romano.
I lavori furono affidati a Perin del Vaga, che li realizzò tra il 1545 e il 1547 con l’aiuto di alcuni illustri collaboratori, tra i quali Pellegrino Tibaldi, Luzio Luzi, Domenico Rietti e Giacomo Bertucci.
Gli affreschi raffigurano scene di vita degli “omonimi” del papa, Alessandro Magno e San Paolo che si sarebbero legati a quella del pontefice.
La volta è ricchissima: al centro troviamo lo stemma di Paolo III e tutt’intorno un complesso di pannelli a grottesche, stucchi, emblemi papali e cartigli recanti iscrizioni in greco, a testimoniare la cultura umanistica del pontefice.
Sei riquadri ad affresco, ad opera di Marco Pino, raffigurano importanti episodi della vita di Alessandro Magno.
Sotto la cornice, lungo tutti e quattro i lati della sala rettangolare, corre una scritta in latino volta a celebrare i lavori di restauro della vecchia Mole Adriana e di costruzione della residenza papale.
Sulle pareti troviamo una finta architettura, composta da colonne ioniche e nicchie ospitanti le figure allegoriche delle Virtù cardinali della Forza, della Giustizia, la Temperanza e la Prudenza.
A queste vengono alternati riquadri raffiguranti altre Storie di Alessandro Magno, mentre al di sopra delle porte troviamo le illustrazioni di sei Storie di San Paolo.
Al centro delle pareti brevi, maestosi, troviamo affrescati i ritratti dell’imperatore Adriano e dell’Arcangelo Michele che rinfodera la spada, omaggio rispettivamente al fondatore e al protettore cristiano del luogo ad opera di Girolamo Siciolante da Sermoneta e Pellegrino Tibaldi.
Il pavimento che vediamo oggi è più recente; l’originale in cotto, infatti, fu sostituito negli anni Venti del XVIII secolo da Innocenzo XIII, di cui ancora oggi campeggia, al centro, lo stemma papale.
I toni generalmente solenni dell’apparato decorativo della sala vengono mitigati da due porte trompe-l’oeil dalle quali si affacciano un cortigiano (secondo alcuni l’architetto Antonio da Sangallo il Giovane) e alcuni servitori che scendono una scala con un cesto di frutta.
Sotto il ritratto di San Michele Arcangelo, ecco spuntare due babbuini: secondo alcuni in ricordo di un omaggio di alcuni ambasciatori stranieri al pontefice, secondo altri a suggerire il nome dell’autore Giacomo Bertucci, a guisa di firma.
Per maggiori informazioni, leggi il mio articolo sulla Sala Paolina e le sale adiacenti.
La Sala di Perseo
La Sala di Perseo fu lo studiolo del pontefice Paolo III. Il soffittato e la parte superiore delle pareti vennero decorati da Perin del Vaga e dalla sua équipe.
Il soffitto è a cassettoni, con motivi a grottesche e simboli araldici; al centro spicca, in rilievo, la figura di San Michele Arcangelo.
Nel fregio è Perseo a fare da protagonista. Con sei grandi riquadri, l’affresco raffigura molte delle imprese dell’eroe greco tratte dalle “Metamorfosi” di Ovidio.
Le scene sono incastonate in una finta architettura a cornici e mensoloni, con festoni di frutta, maschere e fiori. Alternati ai riquadri raffiguranti Perseo troviamo delle monumentali fanciulle con unicorni, emblemi dei Farnese.
Il ciclo mitologico va “letto” dalla sinistra dell’ingresso, dove troviamo il “Commiato dell’eroe della madre Danae” e “Perseo che riceve i doni di Mercurio e Minerva”, e poi procedendo in senso orario fino agli ultimi episodi sulla porta della Sala Paolina: “Il ritorno di Perseo”, “L’origine del corallo” e il “Banchetto nuziale di Perseo e Andromeda”.
Oggi nella sala possiamo ammirare anche una parte della ricca collezione di opere di Castel Sant’Angelo, tra cui il “Cristo benedicente” e il “Sant’Onofrio” di Carlo Crivelli, il “San Girolamo” di Lorenzo Lotto e il “Compianto su Cristo morto” di autore ignoto.
La stanza comunica con il sottostante Bagnetto di Clemente VII e l’attigua camera da letto del pontefice, la Sala di Amore e Psiche.
Per maggiori informazioni, leggi il mio articolo sulla Sala Perseo.
La Sala di Amore e Psiche
La Sala di Amore e Psiche era la stanza da letto di Paolo III Farnese. La decorazione del soffittato e delle pareti fu affidata a Perin del Vaga.
Il soffitto a cassettoni, con grottesche su fondo oro e gigli alternati a targhe con il nome del pontefice, trova al suo centro, in rilievo, il grande stemma farnesiano.
Sul fregio, incorniciati da falsi mensoloni e tendaggi, troviamo nove riquadri raffiguranti altrettanti episodi della favola di Amore e Psiche per come è narrata ne “L’asino d’oro” di Apuleio, cui si somma una decima scena, dipinta sopra la finestra.
I riquadri si alternano a grandi vittorie alate e pannelli con grottesche su fondo dorato.
La scandalosa presenza di una storia così sensuale va spiegata leggendo la favola con gli occhi del pontefice che, con la sua cultura prettamente neoplatonica, ne dava una lettura fortemente allegorica in chiave cristiana.
Tuttavia, la sensualità della favola resta esplosiva in scene quali “Psiche scopre Amore e Amore fugge”, la più famosa dell’intero ciclo.
Oltre agli splendidi affreschi, attualmente la sala ospita opere importanti quali il “Cristo Portacroce” di Paris Bordon e “Il Bagno” di Giovanni Luteri, detto Dosso Dossi.
Per maggiori informazioni, leggi il mio articolo sulla Sala Amore e Psiche.
L’Armeria
L’Armeria Superiore, formata da quattro ambienti comunicanti, è sede di una parte della collezione di materiale bellico del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo.
Molti dei cimeli qui conservati, come la spada e il fodero da pugnale lanzichenecchi, vennero recuperati in occasione degli scavi effettuati nella prima metà del Novecento per la modifica degli argini del Tevere.
A questi, si aggiunge moltissimo materiale acquistato direttamente dal Museo o donato ad esso, come la terzetta a ruota, di artigianato sassone, e l’Elmo di Bolzano.
La collezione comprende armi e armature databili dal paleolitico al XVIII secolo, come l’Archibugio Farnese e lo Stendardo dei Bombardieri di Castel Sant’Angelo, e contiene al suo interno una sezione dedicata al Risorgimento nella quale possiamo trovare, tra le altre cose, una divisa garibaldina e una pistola appartenuta a Giuseppe Garibaldi.
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Livello 6: il Corridoio pompeiano, la Sala della Biblioteca, la Sala dell’Adrianeo, la Sala dei Festoni, la Sala del Tesoro, la Cagliostra e l’Appartamento del Castellano
Il Corridoio pompeiano
Ricavato nel XVI secolo da un ballatoio in legno, il Corridoio pompeiano è lo stretto passaggio che collega la Sala Paolina alla Sala della Biblioteca.
Guadagna questo nome grazie alla ricca decorazione a grottesche che ricopre sia le sue pareti, sia la volta a botte.
Gli affreschi furono realizzati tra il 1545 e il 1546 da Luzio Luzi e Perin del Vaga, aiutati da artisti di alto calibro quali il fiammingo Cornelis Loots, a cui dobbiamo i piccoli paesaggi nordici sulla parte inferiore delle pareti, e Cristofano Gherardi da Borgo San Sepolcro, autore di alcune altre figure delle grottesche.
La Sala della Biblioteca
Il salone è l’ambiente principale dell’ala nord degli appartamenti di Paolo III Farnese. Guadagna il suo nome solo nel Novecento, probabilmente in relazione alla sua vicinanza con la Sala del Tesoro, sede non solo dell’erario, ma anche dell’Archivio Segreto Pontificio.
L’apparato decorativo fu affidato dal pontefice a Luzio Luzi. Sulla parete orientale possiamo notare un grande camino e, al di sopra di esso, le imponenti allegorie della Chiesa e di Roma con al centro lo stemma papale.
L’ampia volta, decorata a stucchi e grottesche, è suddivisa in cinque registri concentrici e incorniciata da due fregi continui.
Il primo è composto da ventotto lunette a rilievo che alternano raffigurazioni pagane agli emblemi farnesiani, mentre il secondo, posto poco più in alto, è dipinto con creature marine e interrotto, al centro di ogni parete, da medaglioni a stucco.
Nella volta, alternate alle grottesche su fondo bianco, trovano spazio dieci Storie di Roma antica.
Sui lati brevi troviamo i ritratti di San Michele Arcangelo e l’imperatore Adriano. Al centro, affiancato dagli emblemi della Vergine con l’unicorno e del Giglio di Giustizia, troviamo lo stemma Farnese.
La Sala dell’Adrianeo
Attraverso la Sala della Biblioteca si accede al piccolo ambiente della Sala dell’Adrianeo, stanza che deve il suo nome ai dipinti murali emersi durante il restauro di Castel Sant’Angelo nel 1902.
Insieme all’attigua Sala dei Festoni, fu uno dei primi ambienti costruiti per ordine di Paolo III.
Sulla sommità delle pareti troviamo un fregio realizzato da Luzio Luzi e la sua équipe tra il 1544 e il 1545.
Il fregio raffigura scene tratte dalla mitologia e figure di satiri. Al centro di ogni parete, incorniciate da una finta architettura, troviamo delle vedute di antichi monumenti romani come la Naumachia di Domiziano, la Meta Romuli, il Circo di Caligola e Nerone e lo stesso Mausoleo di Adriano.
Altri otto riquadri, due per ogni parete, raffigurano invece scene dal mondo dionisiaco, popolate di antiche divinità, satiri e menadi.
La Sala dei Festoni
Anche questa sala, che guadagna il suo attuale nome solo nel Novecento, è caratterizzata da un ricco fregio decorativo posto sulla sommità delle sue pareti.
I cortei di nereidi e tritoni danzanti, alternati alle figure maschili, femminili e di unicorni, suggeriscono un movimento continuo e ondulatorio: da qui il nome “dei Festoni”.
I meravigliosi dipinti sono ancora una volta opera di Luzio Luzi e della sua équipe di artisti.
Purtroppo non sono pervenuti fino a noi i soffitti originali che completavano la decorazione della sala similmente a quanto visibile nella Sala di Perseo e nella Sala di Amore e Psiche.
La sala è collegata tramite delle scale agli ambienti di servizio del Cortile di Alessandro VI e alla Cagliostra.
La Sala del Tesoro
La Sala del Tesoro è un ambiente circolare che fu sede dell’erario e dell’Archivio Segreto dello Stato Pontificio.
Nel 1545 Paolo III Farnese modificò la stanza facendo ancorare alla muratura una schiera di armadi in noce per conservarvi il materiale dell’archivio.
Vi sono attestazioni di una riserva aurea conservata nel fortilizio risalenti alla fine del Quattrocento.
Nel 1586 Sisto V Peretti fece collocare nella stanza i monumentali cassoni in ferro contenenti l’Erario sanziore, il tesoro per la difesa dello Stato.
Si accedeva alla stanza mediante due porte, le cui chiavi erano in mano al Tesoriere Segreto del Papa e al Cardinal Decano.
Il tesoro era riposto in un enorme forziere protetto da ben sei serrature.
La sala fu trasformata in cella nel corso del XIX secolo.
La Cagliostra
Questo ambiente fu costruito nel 1543 insieme alla sottostante Loggia di Paolo III.
Inizialmente le sue arcate si aprivano verso il borgo di Prati, ma nel XVIII secolo vennero murate per convertire l’ambiente a prigione per i detenuti di riguardo.
È infatti qui che, nel 1789, l’avventuriero, esoterista e alchimista italiano Giuseppe Balsamo Conte di Cagliostro venne incarcerato dall’Inquisizione per circa un anno.
Il piccolo appartamento si compone di tre vani: uno ampio e centrale e due camerini laterali.
Dagli emblemi araldici di Paolo III, raffigurati al centro delle volte, i due camerini prendono il nome di Gabinetto del Delfino e della Salamandra e Gabinetto della Cicogna.
La decorazione a grottesche delle pareti interne, dal gusto tipicamente rinascimentale, riproduce un paesaggio abitato da figure celesti e porta la firma degli illustri pittori Luzio Luzi e Perin del Vaga.
L’Appartamento del Castellano
La costruzione di questo appartamento su due livelli fu voluta dal castellano Zenobio Savelli nella metà del Settecento.
Il castellano era infatti la massima autorità di Castel Sant’Angelo, nonché il responsabile militare del suo funzionamento.
L’appartamento fu edificato al di sopra della Loggia di Giulio II. Nella parte superiore troviamo tre ambienti collegati tra loro, detti “verso San Pietro”, lo “stanzino di mezzo” e “verso Ripetta”.
La volta della stanza centrale è decorata con gli stemmi di Benedetto XIV Lambertini, mentre quelle degli stanzini laterali riportano i simboli del casato Savelli.
I due stanzini sottostanti erano collegati attraverso passaggi ora interrotti. Altre due camere private furono ricavate sopra le sale di Perseo e di Amore e Psiche, portando i vani dell’appartamento a sette.
Nel 1746, sotto il pontificato di Benedetto XIV, venne posto un grande orologio tra le due finestre centrali dell’appartamento, rimosso quasi due secoli dopo.
Attualmente l’appartamento ospita parte degli uffici del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo e pertanto non è aperto al pubblico.
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Livello 7: la Sala Rotonda, la Sala delle Colonne e il Terrazzo dell’Angelo
La Sala Rotonda
Posta sopra la Sala del Tesoro, con la quale formava un vano unico, la Sala Rotonda deve il nome alla sua forma circolare.
La sala è raggiungibile attraverso una stretta scala di epoca romana che parte dalla Sala della Biblioteca, ed è tradizionalmente ritenuta la sede della prima cappella dedicata a San Michele Arcangelo.
Nel corso dei secoli la sala ha subito molte modifiche. Sotto Clemente VIII fu destinata ad accogliere l’ampliamento dell’Archivio Segreto Pontificio. Le sue pareti vennero rivestite con armadi in legno con serrature metalliche, oggi andati perduti; l’accesso fu garantito solo mediante una porta ferrata.
Attualmente, al centro della sala, possiamo ammirare il supporto metallico originale della statua di San Michele Arcangelo di Peter Anton Van Verschaffelt, sostituito in occasione dell’ultimo restauro della stessa nel 1987.
La sala è inoltre sede di mostre temporanee.
La Sala delle Colonne
Edificata per ospitare l’Archivio Nuovo dello Stato Pontificio sotto Benedetto XIV, questa sala prende il nome dalle quattro colonne che la impreziosiscono.
È formata da un ampio locale e da due camerini attigui, la Sala degli Stendardi della Cavalleria e la Sala dei Labari dei Reparti d’Assalto.
L’arredo originale prevedeva dei credenzoni in noce e dei tavoli ad uso degli archivisti. Alle finestre erano montati degli sportelli rimovibili al fine di proteggerle dai fuochi d’artificio che avevano luogo sul soprastante Terrazzo dell’Angelo.
Nel luglio del 1789, in occasione dell’occupazione francese da parte delle truppe del generale Louis Alexandre Berthier, i documenti dell’archivio furono trasferiti in Vaticano attraverso il Passetto di Borgo. Nel corso dell’anno successivo l’intero arredo andò distrutto.
La decorazione a tempera delle volte fu realizzata in occasione dell’istituzione del primo museo in Castel Sant’Angelo nel 1925, mentre la decorazione a trompe l’oeil a tema naturalistico, opera di Duilio Cambellotti, risale all’anno successivo.
Le decorazioni delle Sale degli Stendardi della Cavalleria e della Sala dei Labari dei Reparti d’Assalto sono invece a sfondo prettamente patriottico e bellico, con bandiere, emblemi e stendardi provenienti da varie epoche della storia nazionale, teste di cavallo e braccia armate.
Ad oggi, le sale sono sede di mostre temporanee.
Il Terrazzo dell’Angelo
Tra i punti panoramici più apprezzati di tutta Roma, il Terrazzo dell’Angelo rappresenta il punto accessibile più alto di Castel Sant’Angelo.
Questo affaccio deve il nome alla statua colossale di San Michele Arcangelo che lo domina da secoli. Dopo essere più volte sostituita, l’attuale scultura in bronzo, posta sul “maschietto” del castello, fu realizzata nel 1752 dal fiammingo Peter Anton van Verschaffelt.
Dal 1758 viene invece la campana bronzea che affianca la statua, detta Campana della Misericordia o dei Condannati, che suonava a morto in occasione delle esecuzioni capitali tenute nel Cortile delle Fucilazioni.
Dal XV secolo, in occasione di particolari ricorrenze, su questa terrazza si sono tenuti fuochi d’artificio detti “d’allegrezza” o “Girandole” secondo la celebre definizione di Michelangelo.
Da qui si può godere di una vista panoramica inedita sul centro della Roma storica ed è possibile seguire con lo sguardo l’intero percorso del Passetto di Borgo dal castello ai Palazzi Vaticani.
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Castel Sant’Angelo: leggenda
Sono numerose le leggende che riguardano il Castel Sant’Angelo, e tutte si legano in qualche modo alla sua storia.
A partire dal 590 d.C., ad esempio, la Mole Adriana viene chiamata “Castellum Sancti Angeli”. Come mai?
Secondo la tradizione, proprio in quell’anno, Roma fu colpita da un’epidemia di peste. Nelle strade i cittadini vociferano che un angelo e un diavolo girino per la città.
Papa Gregorio Magno, appena insediato, indice una processione penitenziale e prega affinché la città sia liberata dall’afflizione.
Alla testa della processione, proprio mentre sta attraversando il Ponte Elio, il pontefice ha una visione: vede di fronte a sé, in cima alla Mole Adriana, l’arcangelo Michele che rinfodera la sua spada.
Per lui non c’è dubbio, si tratta di un segno divino. L’epidemia, annuncia, ha i giorni contati. E ciò si rivela miracolosamente vero.
In memoria dell’evento il castello cambia nome, così come il ponte che lo collega all’altra sponda del Tevere.
In cima al Castel Sant’Angelo viene costruita una cappella intitolata all’Angelo sostituita, verso la fine del XI secolo, da una statua in legno.
Ma questa non è l’unica leggenda che riguarda il castello, ce ne sono altre legate alla magia e persino ai fantasmi!
Se vuoi saperne di più, leggi l’approfondimento sulle leggende di Castel Sant’Angelo.
Castel Sant’Angelo: curiosità
Non solo leggende, ma anche tante curiosità!
Sapevi, ad esempio, che la statua che dà il nome al castello non è la stessa da sempre?
La prima statua dell’angelo, infatti, viene costruita in legno, ma i fenomeni atmosferici finiscono per sgretolarla.
Ne segue una seconda in marmo, distrutta durante una sommossa nel 1379.
La terza, anch’essa in marmo ma con ali di bronzo, va in pezzi quando un fulmine colpisce il castello e fa saltare in aria un deposito di polvere da sparo.
Nel 1497 si opta per una statua in bronzo, ma nel 1527 l’esigenza bellica impone di fonderla per realizzarne cannoni.
Nel 1573 viene costruita un’altra versione in marmo con le ali in bronzo che poi, nel 1752, viene sostituita dall’attuale statua in bronzo realizzata dallo scultore fiammingo Peter Anton von Verschaffelt.
Più sopra ti ho parlato delle Prigioni storiche, ma hai mai sentito parlare della terribile cella di Sammalò? Posta sul retro del bastione San Marco, per entrarvi il condannato veniva calato dall’alto e non aveva spazio a sufficienza per poter stare in piedi, né per coricarsi!
Ma sono moltissime le curiosità che coinvolgono Castel Sant’Angelo, riassumerle sarebbe impossibile. Per fortuna, ho scritto un articolo proprio su questo.
Corri a leggere il mio articolo sulle curiosità di Castel Sant’Angelo.
Castel Sant’Angelo: storia in breve
Nato come sepolcro dell’imperatore Adriano, viene terminato da Antonino Pio nel 139 d.C. e assolve alla sua funzione originaria per centinaia di anni.
Nel 403 d.C. circa, l’imperatore occidentale Onorio lo fa includere nelle Mura Aureliane: da questo momento il monumento funebre diventa un baluardo di difesa, perdendo il suo valore commemorativo e assumendone uno strategico a protezione della Città Eterna.
Proprio in questa occasione si guadagna per la prima volta l’appellativo di castellum, ma è solo nel 590 d.C. che, secondo la leggenda, troverà il suo nome attuale.
Molte sono le famiglie romane che lottano per il possesso del castello. Nella prima metà del X secolo sarà la roccaforte del senatore Teofilatto, nella seconda metà lo sarà per i Crescenzi, che lo fortificheranno e gli daranno il loro nome, poi passerà alla famiglia Pierleoni e dopo ancora agli Orsini, cui verrà ceduto, con tutta probabilità, da papa Niccolò III, appartenente alla stessa famiglia, dopo aver fatto costruire il Passetto di Borgo che lo collega al Vaticano.
Nel 1367 è papa Urbano V ad averne le chiavi: da questo momento la struttura fungerà da rifugio per i papi a venire, ospiterà l’Archivio e il Tesoro Vaticani, sarà tribunale e prigione.
Nel 1379 verrà quasi raso al suolo, nel 1395 verrà ricostruito e potenziato dall’architetto militare Niccolò Lamberti per ordine di papa Bonifacio IX. Per quattro secoli si succederanno gli interventi, si aggiungeranno nuove strutture, si ristruttureranno quelle già esistenti.
Dopo l’Unità d’Italia verrà inizialmente adibito a caserma, poi diventerà museo. Verrà restaurato dal Genio del Regio Esercito e ospiterà il Museo dell’ingegneria militare. Durante il Ventennio verranno ripristinati i bastioni e i fossati e sistemate diverse sale.
Oggi il Museo di Castel Sant’Angelo ospita numerose collezioni di ceramiche, quadri e sculture, ed è centro di corsi, iniziative e attività didattiche che promuovono la conoscenza del Museo presso il grande pubblico.
Se vuoi saperne di più sulla storia del castello, leggi il mio articolo sulla storia di Castel Sant’Angelo.
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Interni di Castel Sant’Angelo Roma: FAQ
All’interno del Castel Sant’Angelo puoi ammirare ancora oggi la tomba di Adriano, le scale a chiocciola, gli alloggi papali, gli affreschi, il campo delle esecuzioni capitali, la Grande Loggia, i bastioni, le sale della fortezza ben conservate e molto altro ancora.
I biglietti d’ingresso al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo hanno prezzi variabili in base ai servizi accessori desiderati.
Il prezzo del biglietto standard con ingresso riservato parte da €19, con l’aggiunta dell’audioguida il prezzo base sale €32, mentre il costo della visita guidata parte da €37.
Puoi anche acquistare un biglietto combinato con altre attrazioni a Roma o nel Vaticano.
Se ti fermi a Roma qualche giorno e non vuoi perderti nulla, potresti trovare conveniente l’acquisto del Roma Pass (a partire da €55) o della Roma Tourist Card (a partire da €95).
La visita di Castel Sant’Angelo ha una durata media di 1 ora e mezza, ma in occasione di mostre temporanee, o se sei un appassionato o uno studioso di opere d’arte, potresti impiegare più tempo per visitare il Museo.
L’ingresso è gratuito ogni prima domenica del mese. Nelle giornate a ingresso gratuito non è prevista la prenotazione.
Cosa vedere a Castel Sant’Angelo: conclusioni
Eccoci giunti al termine di questo lungo approfondimento sugli Interni di Castel Sant’Angelo.
Nell’articolo ho voluto descriverti nel dettaglio tutti gli ambienti del castello, quelli sempre accessibili e quelli che aprono solo in occasioni speciali.
Abbiamo respirato insieme la storia in breve della fortezza, ci siamo lasciati affascinare dalla leggenda dell’angelo e dalle altre curiose storie che riguardano il castello e i personaggi illustri che ha ospitato nel corso dei secoli.
Se hai bisogno di altre informazioni, lascia un commento qui sotto; se invece desideri visitare il Castello e i suoi interni, acquista il biglietto d’ingresso saltando la coda in biglietteria.
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2 Commenti. Nuovo commento
Salve,
Ho visitato il castello poco tempo fa, e mi chiedevo l’utilità dei buchi che si trovano sulla parete della terrazza dell’angelo.
Sono quattro, bianchi, e sotto avevano come dei ganci di ferro. Guardando dentro, si vedeva come un’altra parete dietro di mattoni, ma nessun’altra connessione o buco con l’ultimo piano/piccolo quartile (quindi non credo siano feritoie).
(Mia zia crede che possono essere prese d’aria), che è a questo punto l’unica ipotesi rimasta, perché non si vedeva nemmeno il fondo/la fine sotto.
Ho chiesto ai miei amici archeologhi e adesso siamo al meno 5 persone con lo stesso dubbio.
Ci potete aiutare?
Buongiorno Ambra, sfortunatamente non è possibile dare una risposta al 100% certa, ma solo fare ipotesi ragionate.
Confrontando questi quattro elementi con altri presenti sulle facciate esterne, ivi comprese le mura, e data la forma peculiare (un buco perfettamente circolare e una feritoia immediatamente sopra), siamo propensi a ritenere che si tratti di “troniere”, aperture praticate per le bocche da fuoco.
Data la dimensione e l’orientamento, è probabile che fossero destinate ai fucilieri piuttosto che ai cannoni.
Il fatto che dietro quelle sulla cima della terrazza siano visibili dei mattoni può significare due cose:
A) che una recente restaurazione le abbia rese inutilizzabili;
B) che siano state ricostruite come mero richiamo storico / elemento architettonico decorativo.
Un caro saluto,
Andrea